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CHARCO DEL VIENTO: IL RESPIRO DELL'OCEANO

Il bellissimo percorso costiero da Santa Catalina al Charco del Viento lo trovate sul canale YouTube di CamminareTenerife al link: https://youtu.be/3erW_WbPKQs?si=KU-7G8yDOjgES-S-


“Charco del Viento: il respiro dell’oceano”

Dicono che un giorno, un pescatore canario di nome Don Emilio, che parlava più con le onde che con gli uomini, si sia addormentato sopra uno scoglio del Charco de Viento con il cappello calato sugli occhi e il sigaro spento tra le labbra. Si svegliò ore dopo, zuppo d’acqua salmastra, mentre un granchio gli stava rubando il panino. E anziché imprecare, si mise a ridere. Disse che era stato il respiro dell’oceano a raccontargli un sogno: “Emilio, qui l’uomo non comanda. Qui si ascolta.” Da quel giorno non pescò più, ma continuò a tornare ogni mattina al Charco, seduto sullo stesso scoglio, a parlare con il vento e a sognare pesci.

Il Charco de Viento, che tradotto suona come "Pozza del Vento", è in realtà una delle piscine naturali più suggestive di Tenerife. Ma chiamarla piscina è come dire che il Vesuvio è solo una collina: riduttivo, se non addirittura irriverente.

Queste pozze, create dalla lava raffreddata che ha incontrato l'oceano in una danza millenaria, sono nicchie edeniche dove l'acqua si placa, pur restando viva. Il mare si insinua tra le rocce vulcaniche con il pudore di un amante discreto, lasciando spazio alla quiete e alla contemplazione. Un luogo dove l’uomo non ha costruito, ma ha solo trovato.

Chi si immerge nel Charco de Viento non fa il bagno: si purifica. La brezza porta profumo d’alghe e d’immensità, il sole disegna arabeschi sull’acqua trasparente e le lucertole locali ti osservano come piccoli monaci custodi del segreto.

Ecco allora che, nella visione edenamista, il Charco diventa simbolo dell’armonia tra l’uomo e la natura: niente cemento, niente ticket d’ingresso, solo il rispetto per un luogo che si offre così com’è, senza pretese. È un invito a rallentare, a non dominare, ma a integrarsi. A riconoscere che non serve molto per sentirsi parte dell’essenziale.

Un altro viaggiatore, un certo Giorgio, lì si è innamorato. Non di una persona, ma della vita. Racconta di aver lasciato il cellulare nell’auto, dimenticato per ore. Dice che aveva trovato qualcosa di meglio da guardare: un polipo che cambiava colore vicino a una roccia. E fu la prima volta in anni che si sentì… sveglio.

 
 
 

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